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UN ALBERO PER GINO: GIOVANE AUTORE SI ISPIRA A BARTALI

da Lisa Bartali

Tramite il mio blog, una finestra sulla realtà della bicicletta e rivolta a tutti voi appassionati, ho conosciuto il giovane autore Francesco Dani, nonché ciclista nella categoria Juniores. Il testo” Un albero per Gino” redatto da Francesco in occasione del Premio Letterario Castelfiorentino 2014 mi ha colpito molto, e non solo per l’originalità.

“Un albero per Gino”, scritto da un giovanissimo autore e ciclista

è un breve racconto in cui Gino Bartali si descrive ironicamente in prima persona. Parlando delle sue imprese sportive, ma soprattutto del suo impegno umanitario in favore degli Ebrei salvati dalle persecuzioni razziali. Immaginiamoci Gino che, in modo confidenziale, parla ad un pubblico a cui è ormai noto, tramite indagini storiche e la testimonianza diretta di Giorgio Goldenberg, il suo segreto: quello d’aver salvato centinaia di vite durante la Seconda Guerra Mondiale.

Ma chi è Gino Bartali per un ragazzo di 18 anni che vive il ciclismo moderno? Io ho tanta curiosità di conoscere il parere di un giovanissimo come Francesco.

Da dove nasce la tua passione per la bicicletta?

“Entrambi i miei genitori sono appassionati di Ciclismo. Nel 2002 avevo solo un anno e mezzo ed ero sotto il Mont Ventoux a vedere passare il Tour. Nel 2004, a poco più di tre anni, sono stato a vedere la Roubaix; la presentazione delle squadre e il passaggio della corsa nella foresta di Aremberg. Adesso conosco vita, morte e miracoli di quasi tutti i corridori..quantomeno i più importanti degli ultimi 15 anni. ”

Come hai riscoperto Gino Bartali, e cosa rappresenta per te?

” Dopo aver conosciuto i ciclisti contemporanei ho iniziato ad indietreggiare nel tempo. In particolare mi sono fatto una cultura con una collana di RCS su tutte le edizioni del Giro d’Italia e con il libro “Pedalare!” di John Foot. Ed ecco che mi sono fatto un’idea su Gino come atleta, e approfondendo la sua figura, ho appreso delle sue imprese civili. Gino per me è un esempio importantissimo.

A livello sportivo lo ammiro per aver corso in modo pulito e onesto.

E’ molto diffusa l’idea, soprattutto tra le persone estranee all’ambiente, che un ciclista non possa correre per tre settimane consecutive tappe di 200 km senza prendere sostanze dopanti. Gino Bartali correva su strade sterrate, con bici che pesavano il doppio di oggi, con una preparazione nettamente meno sofisticata e su percorsi mediamente superiori ai 200 km e non prendeva ormoni o altre sostanze per incrementare le prestazioni sportive. Poi lo ritengo un grande esempio a livello umano. Sono cresciuto seguendo gli insegnamenti dei miei genitori: il rispetto e l’amore per il prossimo, la coerenza e l’ onestà . In famiglia ci sono stati dei partigiani e l’uguaglianza è per me un principio inviolabile. Per cui per me Gino rappresenta, nel modo più semplice, ingenuo ed autentico l’esemplificazione di questi principi.”

Tutti dovremmo essere come lui: difensori della libertà in tutte le sue sfaccettature.

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Credi che Gino possa essere ancora  un esempio per i ragazzi della tua età, anche se il ciclismo moderno è molto diverso da quello vissuto da mio nonno?
“Per quello che ho potuto vedere, con gli occhi di un ragazzo quasi adulto, in questo ultimo anno da Juniores penso di poter sostenere che suo nonno non avrebbe granché apprezzato il mondo del ciclismo attuale. L’esasperazione agonistica ha raggiunto livelli quasi insopportabili, questo inizia ad essere evidente anche nella categoria Juniores.  Le stanze per i controlli antidoping sono regolarmente chiuse a chiave tutte le domeniche. Specialmente quest’ultima cosa è un po’ spiacevole, soprattutto se vista da un difensore del ciclismo pulito come me. Prima di tutto non dà credibilità al nostro sport. Poi la certezza che i miei avversari siano tutti puliti non ce la posso avere.
Ci sono posizioni contrastanti all’interno del Ciclismo. Chi dice che i ragazzi devono divertirsi,

chi li sprona ad abbandonare gli studi,  convinti di trasformarli in campioni.

Spesso sono gli stessi genitori o dirigenti sportivi. Qualche mio coetaneo, essendo eccessivamente stressato da un tale carico di lavoro e aspettative, ha smesso per disperazione.  Questo non significa che non ci siano ragazzi, come me,  in grado di apprezzare uno sport genuino come quello vissuto da Bartali. Fortunatamente io ho trovato la squadra giusta, Team Pieri. Di risultati non ne facciamo molti, sia perché il nostro presidente sceglie volutamente di prendere ragazzi modesti (discreti, ma non dei fenomeni), sia perché facciamo una preparazione idonea alla nostra categoria senza eccessi. Ci divertiamo, non siamo sottoposti a stress, e la priorità viene data alla scuola.”
Ed ecco a voi, dopo le presentazioni, il testo ideato da Francesco Dani per regalarvi un “Gino” inedito,  visto dagli occhi di un giovane, che al tempo della stesura (2014) aveva solo 14 anni, e che ha scelto

mio nonno Gino come fonte d’ispirazione.

Ho deciso di scrivere il seguente testo per un’occasione speciale e ricca di significato: il centenario della nascita di Gino Bartali. Nel Settembre del 2013 Gino è stato dichiarato Giusto tra le Nazioni per aver salvato circa 800 ebrei tra il 1943 e il 1944. Questa è la più alta onorificenza riconosciuta a coloro che hanno messo a rischio la propria esistenza per strappare all’olocausto più vite possibili. Dunque Gino Bartali è diventato un esempio per tutti, oltre che per gli sportivi.
Questo testo non mira alla vittoria del concorso, ma punta a far ricordare un brav’uomo, un
uomo semplice, un giusto, un grande che attraverso la bici ha “combattuto” per un nuovo
mondo: quello in cui la solidarietà e l’eguaglianza trionfano.

 UN ALBERO PER GINO

Testo scritto in dialetto

Anteprima

Ciao a tutti sono il Ginettaccio. Come chi? Ah già ai miei tempi andava di moda Coppi. Beh, allora sono quello che chiamava Fausto in una maniera strana, cioè che “non” lo chiamava proprio, ma diceva “quello là”.
Perché, oh, bravo, sportivo ed onesto quanti ti pare, ma c’avevo i’ mi’ caratterino!!
Ho vinto 2 Tour de France, 3 Giri d’Italia, 4 Milano-Sanremo, 3 Giri di Lombardia… Avete capito ora?
Oh, l’era l’ora, si direbbe noi toscani. Ma voi italiani moderni probabilmente non sapete neanche cos’è la vera parlata toscana. Dal 2000 sto quassù in cielo. Volete sapere i’ che ci faccio qui?
Sono morto a 86 anni, perché i’ mi’ cuore ha voluto fare come gli pareva! Tanto i’ che volevi sperà! E lo sapevo che un mancava tanto!

Nella mi’ vita ho vinto tanto e ho anche perso tanto – da “quello là” in particolare. La guerra mi fece saltare i miei anni migliori. E che faceva il grande Gino durante i litigi tra i’ Reich e gli Alleati?
Ho rischiato la mia vita per quella di 800 e passa ebrei. Ero un’antifascista. Però facevo finta di niente anche per assicurarmi il posto nella nazionale di ciclismo al Tour e ai Mondiali. E’anche vero che ero stanco di sentir parlare di leggi razziali. Così, come quando Fausto mi rubò il ruolo di capitano al Giro d’Italia nel ’40, pensai:”Gl’è tutto sbagliato, gl’è tutto da rifare!”. E da quel ’40 è diventato i’ mi motto!

A un certo punto mi cercò un qualche prete o vescovo…aspettate…fatemi ricordare…Ah sì il cardinale Dalla Costa… Insomma, praticamente l’eminenza mi chiese di farmi 200 km fino ad Assisi per poi farne altrettanti di ritorno. Ma non mi allenavo! Cioè facevo anche quello però la cosa davvero importante era che dovevo nascondere i documenti falsi degli ebrei
nella canna della bici.

E se mi trovavano le forze dell’ordine?Ah beh ero il Ginettaccio! Un autografo, un saluto e li incantavo senza che scoprissero nulla. Però ‘un dite niente a nessuno! Perché come dico io “Il bene si fa, ma non si dice. E certe  medaglie si appendono all’anima, non alla giacca !”. Ah già,dimenticavo. I mi’ figlioli, però, hanno già spifferato tutto – nonostante mi fossi raccomandato di non farlo – così sono stato dichiarato Giusto tra le nazioni.

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Tocca a te Gino. Volete davvero sapere come gl’è andata? Dunque tutto è cominciato ni’ llontano 1922, quando io avevo a malapena 8 anni. Starete pensando cosa c’entri una cosa di quando avevo 8 anni con tutto ciò che ho fatto da adulto…Vi spiego…In quell’anno venne “messo” al governo Benito Mussolini e iniziava i’ fascismo. Io sono sempre stato un antifascista, come ho già detto prima, e anche se era risaputo in giro Mussolini mi doveva “tenere in vita” per altri scopi, quelli ciclistici.

Per fortuna nel 1935 diventai professionista. E tu vedrai ,che alla lunga, dopo un Giro d’Italia, un Giro di Lombardia e varie corse – che ora un vi sto a ridì – mi presero in nazionale: prima al mondiale di Berna del ’36, poi al Tour de France del ’37 dopo la seconda vittoria al Giro.
Al Tour del ’37 mi ritirai. Nel ’38 invece saltai il Giro in modo da ritrovammi in forma per la corsa francese. Vinsi anche quella. Nel ’39 al Giro arrivai 2°. Dietro Coppi? No! Dietro Valetti. Coppi inizierà a correre nel ’40.

Ed ecco il “fattaccio”…Il giorno dopo la fine del Giro d’Italia di”quell’anno”…come quale anno? Se sottintendo sarà quello in cui Coppi inizia a correre!!! Comunque era il 1940. Io da bravo corridore onesto e sportivo avevo abbandonato il ruolo di capitano al Giro. Di mia volontà!? Ma i’ che dite! Caddi, rimasi indietro in classifica e Coppi si trovò tra i primi. Così mi fu “ordinato” di fare il gregario per quel novellino di Fausto e nonostante tutto arrivai comunque nono, mica poco…Ma tutto ciò non c’entra niente.

Dunque ero rimasto…ah sì! 9 Giugno 1940: il Giro d’Italia finisce, Coppi vince da neoprofessionista e io non mi aspettavo altro che un indomani tranquillo con un monte di interviste per il discorso di Coppi. Invece quel 10 giugno – maledetto – Mussolini dichiara l’entrata in guerra. Le leggi razziali contro gli ebrei erano già state dichiarate ma ora con l’alleanza definitivamente firmata…arrivano i “carri di bestiame”.  Quali carri di bestiame? Quelli in cui il bestiame erano gli ebrei!!
Fino al ’43 sono passivo, anche se stramaledico il mondo, per poi incavolarmi con fascisti e nazisti. Però tutto ciò succede solo in casa mia e i nazifascisti non sanno niente.

Poi ci fu l’idea d’i’ rabbino fiorentino Nathan Cassuto e dell’arcivescovo – sempre fiorentino
– Elia Angelo Dalla Costa. E i’ chi c’è di mezzo?
Io! Si, perché l’idea era di nascondere i documenti nella mia canna della mi’ bici. A quel punto pensai che se ‘un agivo, bada facevan qualcosa quell’attri! E decisi di fa’ tutto da me, in prima persona. Perché, anche io sono un italiano, così come gli italiani sono europei, così come gli europei sono del mondo. Quindi anche una sola persona deve agire, che sia per salvare l’Italia, l’Europa o il mondo intero. La forza della mia terra comincia da me. Così come la forza della vostra terra comincia da voi. La forza della nostra Toscana parte da noi Toscani.

Così n’i’ Settembre del ’43 iniziò la mia attività clandestina. Ma in fondo chi avrebbe potuto pensà che l’allenamento di Gino Bartali fosse un’attività antifascista?
E via sali e scendi per le colline del Chianti, poi ingresso in Umbria e infine l’arrivo in salita – anche duretto – verso Assisi, come a i’ Giro d’Italia.
Però, purtroppo, questa non era una gara ma gl’era la “Tragedia d’Italia”, perché la guerra e l’Olocausto non possono di certo essere festeggiamenti come una corsa ciclistica. E i’ premio poteva essere anche la morte. Così come poteva essere la soddisfazione di aver fatto qualcosa di illegale per un buon fine.

Tirai fòri le foto che erano al sicuro – almeno così credevamo – dentro la canna della bici e padre Nicacci, il collaboratore francescano di Assisi, le attaccò subito alle false carte d’identità pe poi riavvoltolà tutto e rinfilallo nella mi’ bici. Poi in discesa e via in pianura fino a casa per tornare a Firenze.

Ma questa non fu l’unica pedalata clandestina. Così nel mentre che continuavo ad andare su e giù per il centro-Italia a volte c’è stata anche qualche deviazione. Un par di volte mi fermai alla stazione di Terentola perché mi avevano dato l’incarico di distrarre la polizia tedesca men tre degli ebrei in fuga, dovevano cambiare binario. Così io, mentre loro scendevano da un treno e salivano sull’altro, entravo in trattoria parlavo dei miei progetti per i’ ddopoguerra e intrattenevo le forze dell’ordine. E ha funzionato!!

Poi mi è capitato di dové andà a Genova,salendo sui’ Passo d’i’ Bracco, la prima vera salita di quella corsa a tappe particolare che stavo affrontando, per portare documenti falsi verso il capoluogo ligure. In seguito ho aiutato un amico fiorentino di origini ebree, nascondendolo prima a Fiesole e poi anche a Firenze, in una mia proprietà. Era un piccolo appartamento, niente di che, però gli lasciai cibo e quel che basta per andare avanti. Oh, alla fine, e l’ha scampata!

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Una volta un giovane frate ci scoprì. Me lo ricordo bene i’ su’ nome: Pier Damiano, come il convento di Assisi in cui eravamo. Padre Nicacci gli disse d’un dì null’a nessuno. E lo fece: mi chiese pure l’autografo! Oh ‘un era un mi’ tifoso!
Era stato un percorso impegnativo, sempre poggio e buca – che credetemi è sbagliato pensare “che fa pari” come dice il proverbio – , avanti e indietro per l’Italia. D’attra parte i’ che volevi sperà? Tra Toscana, Umbria e Liguria, e ce n’è parecchia di pianura!!!

E ciò che Paolo Conte scrisse nella sua canzone a me dedicata era più che corretto…
“Quanta strada nei miei sandali, quanta ne avrà fatta Bartali…?”(cit.)
La Cima Coppi era stata il Passo del Bracco. ‘Un sapete i’ che è la Cima Coppi? Beh in un Giro d’Italia ci sono tante salite. Quella che arriva più in alto ha il titolo di Cima Coppi. Mi chiedo perché ‘un l’abbiano chiamata Cima Bartali…
Questa “corsa a tappe” è durata tanto, quasi un anno fino a che in giugno finì. Siamo nel ’44. Purtroppo, come nel Giro del ’40, si arrivò ad un altro evento negativo: ero ricercato dalla polizia perché alla fine avevano capito i’ che facevo in realtà.

Allora, mi nascosi a Città di Castello e rimasi lì per un bel po’, ma non troppo. Infatti, circa due mesi dopo, Firenze fu
liberata. Poi il 25 aprile del ’45 fu liberata l’Italia intera.
Erano tutti in festa qui’ giorno. Io raccontai del fatto in famiglia. Ero sempre via, sempre in allenamento, sempre in bici. Qualcosa di strano era successo: infatti più che ad allenarmi andavo a salvare vite. Vite ebree, vite umane.
Così, quando finalmente tutto ciò era diventato qualcosa di giusto, nonostante la sua illegalità, ne parlai soddisfatto con parenti ed amici più cari.

Tutti volevano che lo raccontassi in giro. Ma io non volevo perché “Il bene si fa, ma non si dice. E certe med…” Ve l’ho già detto? Ah già, scusate. Sapete: con l’anni e viene l’Alzheimer!
Comunque ormai è stato raccontato dai miei cari come riconoscimento di affetto da parte loro. Così tutti i meriti che non ho avuto in vita, li ho avuti ora in cielo.

Tutti tranne quelli del Tour e del Giro del 2014: m’avessero dedihato anche solo 1 km di tutta la corsa proprio nell’anno in cui rihorre i’ centenario della mi’ nascita…! Sie! Buonanotte. I’ Giro un passa
manco dalla Toscana! E c’è sempre passato tutti l’anni: si so’ fatti manca’ proprio questo pe’ via dei loro lacchezzi. E non è stata solo una cattiveria verso di me, ma anche verso voi toscani, e verso tutti gli sportivi!
Comunque dopo qui’ fantastico ’45, i’ Giro d’Italia batté il Tour: infatti la corsa francese si tornò a disputare solo nel ’47. Nel ’46 prese i’ via i’ “Giro della Liberazione”. Tra l’altro vinsi riscattando la vittoria di “quello là” – se non avete capito parlo di Coppi, cari bischeri – che arrivò secondo. Poi stravinsi il Giro di Svizzera.

Nel ’47 ripartì anche i’ Tour ma non fui preso dalla nazionale. Nel ’48 rivinsi anche quello, alla faccia di tutti quelli che mi davano per finito. Smisi di correre solo nel ’54, cioè a 40 anni suonati! Per questo mi chiamarono “l’Inossidabile”.
Scusate…ho divagato ancora. Beh purtroppo ho finito il tempo di parlare. Deho tornare a raccontare agli angeli aneddoti della mia carriera insieme a Coppi…
Ah lassù lo sanno tutti cosa è successo tra me e “quello là” con quella benedetta borraccia…
era sul Pordoi ….sull’Izoard…chi lo sa?

L’unica cosa che non capisco è perché abbia fatto così scalpore. In fondo esiste anche la correttezza nello sport – o come vu dite voi “fair-play”- …e poi,come se io e lui ‘un si fosse mai stati amici. Maremmina mia! Certo che la gente ‘un c’ha altro che idee strane.
Se volete la verità su quella benedetta borraccia, venite anche voi quassù: basta morire! Ma io preferirei aspettà e vìve un po’ di più fossi a i’ posto vostro…Voi i’ che dite?

Epilogo

Nel 2011, Gino Bartali è stato inserito nel Giardino dei Giusti di Padova e nel 2013 in quello di Gerusalemme. In entrambi è stato piantato “Un albero per Gino” le cui radici affondano anche nella nostra regione. Adesso quell’albero sarà simbolo della sua e nostra terra: La Toscana.

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