Luglio 1948, Luglio 2018: sono passati settant’anni esatti da quella che possiamo considerare la più grande impresa sportiva della storia. 30 Giugno 1948, siamo al Tour de France, e gli appassionati di ciclismo stanno per assistere a qualcosa di incredibile. La squadra italiana vede al via dieci corridori, oltre a Gino Bartali ci sono Bevilacqua, Biagioni, Corrieri, Cottur, De Santi, Feruglio, Pasquini, Rossello e Volpi. Una squadra che qualcuno definirà “da quattro soldi”.
Un Tour massacrante: 4992 km divisi in ventuno tappe.
La prima tappa va da Parigi a Trouville: 237 km di tappa pianeggiante, non adatta agli scalatori. Ma Bartali non è solo uno scalatore, è un corridore completo, capace di competere con i migliori velocisti al mondo. Nonostante una foratura, dopo aver recuperato il gruppo, vince in volata su Schotte.
Finita la guerra la vita riprende. Mentre è in corso l’opera di ricostruzione del Paese, Coppi e Bartali si sfidano sui pedali. Nel ’46, lo stesso anno in cui naque mio padre Luigi, Gino vinse Giro della Svizzera e Giro d’Italia. Nel ’47 è Coppi a vincere davanti a Bartali il Giro d’Italia. E poi arriva il Tour de France 1948. Alfredo Binda, commissario tecnico, alla partenza consigliò a Gino prudenza: “Vai piano, fai credere che sei vecchio ormai, in modo da non avere tutti addosso all’inizio.” Fu il Tour di Gino, degli Italiani e il primo anno da gregario di Bartali per il fido “Giovannino” Corrieri
“Gino che si fa domani?” mi chiese Corrieri. ” Niente. Si va a Lourdes e si prega la Madonna…”
Le tappe successive fermano ogni entusiasmo. I francesi, guidati da Bobet e Lapebie, sono scatenati e guadagnano minuti su minuti, relegando Bartali al 28° posto a 22 minuti dalla maglia gialla Bobet. Tutto sembra perduto, e i giornalisti, che già avevano definito “da quattro soldi” la squadra italiana, non perdono occasione per attaccarla:
” Bartali sei vecchio! ” A 34 anni non ci si può aspettare nulla…
Lo pensano tutti: è un distacco incolmabile! Lo pensano tutti, e a ragione, sì perché 22 minuti nel ciclismo, ora come allora, sono realmente incolmabili. Recuperi di pochi minuti sono già considerati imprese. Come si possono recuperare 22 minuti? È impossibile! Lo pensano e lo sanno tutti. Tutti tranne uno, Gino Bartali.
E’ l’uomo di ferro, la cui volontà striglia a ogni curva le gambe addestrate alle fatiche del ciclismo. E’ il gigante della montagna, il gigante buono, che con il suo taciturno sguardo aveva bluffato la milizia tedesca solo quattro anni prima. Nessuno, all’epoca del Tour de France 1948, poteva sospettarlo. Nel ’43 e ’44 Gino aveva compiuto una grande missione. Svariati furono i suoi viaggi da Firenze ad Assisi e Perugia, e poi arrivando fino a Roma, trasportando segretamente i documenti per fare espatriare centinaia di ebrei. Durante la guerra, con la scusa di allenarsi, il nonno aveva fatto tanta strada. Non aveva perso né la sua forma fisica, né la sua grinta. Un fisico senza età!
Cosa accade esattamente quei giorni? Arrivano i Pirenei. Bartali vince la settima e l’ottava tappa, la Biarritz-Lourdes e la Lourdes-Tolosa, portandosi dapprima al 14° posto della classifica generale, e 8° al termine di queste due tappe. Dopo altre tre tappe intermedie Gino è 9° a 11 minuti e 48 secondi.
Siamo alla dodicesima tappa, la Sanremo-Cannes. Bartali e Bobet affrontano insieme il Col du Turini, e in un attimo va tutto in fumo! Bartali buca a causa di un chiodo.
Bobet scatta e vince la tappa, con un distacco su Bartali che pare una sentenza:
oltre 8 minuti, portando il suo vantaggio sull’italiano a 21 minuti e 20 secondi. E’ tutto sbagliato, da rifare! Mancano solo nove tappe al termine e molti giornalisti italiani tornano a casa: “Ve l’avevamo detto che era un’ utopia, come volete che uno di 34 anni possa vincere una corsa così dura?”
Era il 14 Luglio, l’anniversario della presa della Bastiglia. Giorno di riposo per il Tour. Per strada c’era un gran via vai di giornalisti con le valigie in mano. Ma non vanno tutti via per Gino: “Ci hanno richiamato in Italia. Stamani c’è stato un attentato a Togliatti”. Mentre in Francia era festa, a Roma quella mattina afosa d’estate, si era sfiorata la tragedia. Domenico Antonio Pallante, 24 anni, catanese e ossessionato dal comunismo, sparò vari colpi di pistola a Palmiro Togliatti, leader del PCI. Ferito gravemente, Togliatti venne trasportato in ospedale. La CGIL proclamò lo sciopero generale.
Ore drammatiche per il Paese. Si teme la guerra civile.
La stessa sera in albergo squillò il telefono. Non era Adriana, come sperava il nonno: ” Mi riconosci Gino”? ” Certo, tu sei Alcide” Il Presidente del Consiglio Alcide De Gasperi chiamò l’amico Gino in soccorso. I due si erano conosciuti anni prima poiché entrambi frequentatori dell’ Azione Cattolica a Firenze.
Pensi di vincere il Tour ?
Non saprei Alcide, c’è ancora una settimana. Però la tappa di domani la vincerò!
Ed ecco le Alpi, tre tappe alpine, le tappe della verità! Si comincia con la Cannes-Briançon, ci sono da scalare l’Allos, il Vars e l’Izoard. Robic attacca sul primo colle, il tempo è dei peggiori. Piove, fa freddo. Un freddo che intirizzisce le membra, è un calvario per tutti. Freddo e pioggia che entrano nelle ossa e bloccano i muscoli. E’ in questo momento, è in queste condizioni che Bartali attacca e lascia tutti di sasso! Sulla seconda asperità di giornata si lancia solo all’inseguimento di Robic, lo raggiunge e supera in discesa.
L’attacco di Bartali non è una semplice fuga. Bartali è furioso per le ingiuste critiche ricevute, e scarica sui pedali tutta la sua rabbia. Il freddo, che attanaglia gli altri, non lo scalfisce nemmeno. Quando Bobet giunge all’arrivo, Bartali è già in albergo!
Gino aveva già vinto su quelle strade, esattamente dieci anni prima. E ora qualcuno gli stava chiedendo una nuova impresa, anzi un miracolo. La vittoria di Gino in Italia scatenò l’entusiasmo collettivo e attenuò la rivolta. L’intervento a Togliatti riuscì perfettamente. Tutto sembrava assestarsi.
Un trionfo che placò gli animi e cambiò la storia italiana.
L’impresa è già leggendaria, in una sola tappa Bartali recupera più di 20 minuti, e si porta a soli 51 secondi dalla maglia gialla. Quel distacco, che tutti ritenevano incolmabile, è colmato! Sono tutti increduli, e forse tanti di quei giornalisti che avevano definito “morto” Bartali, credono che Gino pagherà lo sforzo i giorni seguenti. Ma non sanno, quei giornalisti, cosa sta per accadere.
“Ragazzi – dissi rivolgendomi a Corrieri, Bevilacqua, Pasquini e gli altri – i francesi oggi ci attaccheranno, bisogna far vedere che non si ha paura di nessuno. Occorre tirare fin dall’inizio per stancarli, poi ci penso io. Presi il caffè e una mezza sigaretta che mi dava un po’ di carica, poi ci avviammo tutti insieme alla partenza.”
Il giorno seguente c’è un’ altra terribile tappa di montagna, la Briancon-Aix Les Bains di 267 km. Ben cinque salite da scalare: Galibier, Croix de Fer, Portet, Cucheron e Granier. Tutte strade non asfaltate, e il meteo non accenna a cambiare rispetto al giorno prima.
Sul Galibier nevica e i corridori sono stremati dai tanti chilometri accumulati.
Campioni del calibro di Bobet, che in seguito vincerà ben tre Tour consecutivi, e Schotte, che proprio quell’anno diventerà campione del mondo, cominciano a risentire delle fatiche. Non Bartali però! Per lui, i giorni di fatica che hanno piegato Bobet, Schotte e Robic, sono solo il riscaldamento. Alla Croix de Fer saggia gli avversari, si aggiudica il G.P.M, ed è già virtualmente maglia gialla.
Il nonno Gino si allenava in tutte le condizioni climatiche. Mio babbo mi raccontò che un inverno Firenze fu colpita da un forte gelo. Gino scalpitava sulla sua bici e un amico in automobile lo vide : “Gino che fai, sali in macchina! Non vedi che nevica?” E lui scocciato: “Sì, proprio per questo sono in bicicletta, mi sto allenando! Non potrò mai sapere se al momento della gara nevicherà, pioverà o sarà sereno.”
L’attacco sul Portet è un terremoto, Bartali è scatenato, e mentre gli avversari arrancano lui scala la montagna ad un ritmo impressionante. Guadagna un minuto a km, e in vetta ne ha 8 di vantaggio sugli inseguitori. Il vuoto, non si vede più nessuno, e ormai solo le moto di giuria lo accompagnano negli ultimi chilometri mancanti. Bartali conclude la tappa a una straordinaria media di 27,699 km/h. Incredibilmente e contro ogni pronostico è maglia gialla!
“Ero già sul palco quando arrivò Ockers a 6 minuti… Sesto Bobet a quasi 8 minuti. Piangeva. La maglia gialla era ormai salda sulle mie spalle.
Ero felice come un ragazzo!”
Le successive tappe sono una formalità, nessuno può neanche solo immaginare di attaccare la maglia gialla, e Bartali vince anche la tappa successiva, Aix Les Bains-Losanna.
A Parigi i distacchi sono impietosi, Bartali relega il secondo arrivato, il belga Schotte, a 26 minuti di distanza, Lapebiè, terzo classificato, a 28 minuti, e Bobet, quarto, a 32 minuti, una sconfitta senza appello!
Aveva 22 minuti di svantaggio prima delle Alpi, era impossibile recuperare, lo sapevano tutti, tutti, tranne lui, Gino Bartali, l’intramontabile, l’unico ad aver vinto due Tour de France a dieci anni di distanza l’uno dall’altro, compiendo la più grande impresa sportiva della storia!
Abbiamo voluto ripercorrere le tappe salienti di quel Tour de France 1948, che resterà nella storia del Ciclismo e dell’Italia. Ringrazio per la collaborazione Fabrizio Caliendo di Milano, appassionato di ciclismo e bartaliano. I testi sono di sua produzione, alternati ai miei paragrafi in rosso e a qualche citazione di Gino, tratta dal libro “La Leggenda di Bartali” di M. Lazzerini e R. Beghelli.
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3 commenti
Io sono un ciclista, ormai quasi un vecchio ciclista. Quando ho iniziato nel 73 Gimondi vinceva il suo mondiale in una delle poche volate vinte su Mercks. Non ho vissuto i tempi di Gino, ma ne ho letto, ne ho sentito parlare tanto. Guardavo quelle foto in b/n , quelle bici arcaiche di ferro, quelle facce vecchie anche quando erano giovani. Ora so che sono i nostri pilastri. I pilastri di un ciclismo che era tanto italiano con i suoi costruttori di telai, i campagnolo, gli allenatori, gli istrioni inventori di tattiche e massaggiatori. Gli sponsor. E`commuovente solo a pensarci. Era un Italia invidiabile e invidiata. E` bene finalmente che i giovani sappiano chi erano i nostri nonni, i nostri padri e che cosa hanno fatto e in che cosa credevano. Uno spirito che ora manca. Che la Scuola aiuti il futuro di questo paese. Grazie sempre Ginettaccio! Io mi inchino di lacrime.
Grazie Cesare sono d’accordo. Che la scuola insegni ai ragazzi le imprese di uomini esemplari come mio nonno Gino, esempio da seguire non solo nello sport. Un saluto Lisa Bartali
Sono stato allevato sulla vita e sulle imprese di Gino.