Un invito che si è trasformato in un’avventura esaltante e ricca di incontri, in una bellissima Terni e sulle rive silenti del Lago di Piediluco. Viaggio, questa volta, con appresso la bandiera di Bartali. Il nonno seguì attivamente il ciclismo per tutta la vita, anche dopo aver appeso la bicicletta al chiodo nel 1954. Non solo per dare il via con la sua bandiera. Seguì innumerevoli volte il Giro d’Italia per tutte le sue tappe con l’auto della stampa. Così come per diversi anni la Milano-Sanremo, il Giro di Lombardia, del Piemonte, della Toscana.
E’ l’occasione di tirare fuori dal garage la bandiera di Bartali,
dalla tela vissuta nell’intatto disegno a scacchi. Anche se i veri appassionati si sono già allenati durante l’inverno, l’Artica si è corsa a gennaio, da aprile il ciclismo storico vive una stagione sfavillante. Si dà il via ai diversi circuiti, i partecipanti selezionano dalla loro collezione la bici prescelta su cui correre. Tutti rigorosamente in abbigliamento VINTAGE: maglie in lanetta, caschetti in pelle, guanti in pelle e corda, occhiali dalle lenti fonde e la montatura in alluminio. Qualcuno indossa, incrociati sulla schiena, i tubolari di riserva, come ai tempi in cui difatti si correva sullo sterrato e si forava spesso.
Presente anch’io, in veste di madrina e starter.
Facciamo un passo indietro. Il giorno prima siamo a Terni. Alla fine di Via Cavour si apre l’ariosa Piazza della Repubblica. La mostra di auto, motociclette e bici d’epoca come al solito attira tantissimi curiosi. Tante Legnano e qualche Bartali. La sensazione che evocano i teloni che s’innalzano al cielo, alla cui cima il pallone galleggia nell’aria, è quella di un’ estrema leggerezza e quiete. In contrasto con gli imponenti palazzi della piazza e la Biblioteca Comunale. In alto, davanti all’entrata, un enorme poster :
Dedicato a Bartali, l’ultimo degli eroici.
Il Caffè Letterario ospita la presentazione del libro di Giancarlo Brocci, ideatore dell’Eroica e tra i pionieri della rincorsa “all’indietro”, alla ricerca di quel ciclismo genuino che si correva su strade sterrate e biciclette dai primordiali cambi. Mio nonno utilizzava il Vittoria Margherita, che all’epoca fu una rivoluzione, a cui seguì il Campagnolo Corsa e Gran Sport.
Le mie parole in sala sono a favore dell’intervento umanitario che compì il nonno durante la Seconda Guerra Mondiale e che gli valse, postumo, il riconoscimento di Giusto tra le Nazioni nel 2013. La Compagnia “Al Ladro” mette in scena un’emozionante rappresentazione intitolata “Bartali, l’ultimo degli eroici“. L’infanzia, le umili origini famigliari, la scoperta della bicicletta. Poi le corse, i successi, le vittorie sempre dedicate alla Madonna. I narratori si alternano,
il suono di una chitarra ci rapisce in un’atmosfera sognante,
che riesce ad affrescare un tableau vivant di personaggi e luoghi fiorentini degli anni Trenta e Quaranta. Notare i pantaloni alla zuava e i maglioni in lana dal colletto a punta. L’intrattenimento teatrale, nella sua semplicità, trasmette quel carattere autentico e genuino tipico di Bartali. Il tutto si conclude con una delle mie canzoni preferite: “Bartali” di Paolo Conte. Alessio, uno dei tre artisti della Compagnia Al Ladro, mi racconta di come lo spettacolo sia nato per gioco tra amici. La complicità e la passione hanno dato vita alla narrazione di storie del ciclismo, non solo quella di Gino Bartali.
In un baleno mi trovo a firmare autografi e ad essere fotografata in mille salse a fianco allo strepitoso quadro di Miguel Soro Garcia. Gino Bartali in sella, in un deciso bianco e nero tinteggiato su collage. Al buffet, come al solito, non mi resta che l’ultima tartina. “E’ tardi è tardi”, mi ricorda il Bianconiglio. Scappo col prosecco in mano fino all’auto: ci aspetta un’allegra tavolata per la cena, là verso le rive del lago.
E poi fu: la riconciliante notte. E poi fu: la mattina della Valentiniana.
Ecco che il sole tiepido illumina il Lago di Piediluco. Non proprio fresca come una rosa, mi metto in cerca del luogo del “raduno”. Un formicolio di ciclisti si dirige cinguettando verso la stessa direzione. Li seguo. La piazza brulicante mi aspetta per il via. La Valentiniana è la prima corsa del Grand Tour. Si dà spazio al percorso storico e al Gravel. Gli itinerari in parte differiscono e nella ciclostorica si ha il lungo e il corto.
Piediluco è poesia fatta realtà.
Le case basse dai giardini a terrazze scendono dolci sul lago. Un bar, un giornalaio, un ristorante ancora chiuso. La pace si disperde nell’aria con i suoi profumi senza tempo. L’acqua lacustre. Un salice. Le anatre. Da un momento ad un altro sarebbe potuto arrivare Garibaldi col suo seguito, Napoleone scendere dalla sua barca. Avrei potuto scorgere sulle rive un gruppo di romani in toga discutere di politica, o una gentildonna rigida nel suo bustier ripararsi sotto l’ ombrellino. Le maestose Cascate delle Marmore sono a un tiro di schioppo.
Un paio di mountain bike posteggiate sotto un abete mi riportano alla realtà. Ecco che li vedo i ciclostorici già tutti pronti. Il doveroso minuto di silenzio per Michele Scarponi. L’imprevedibilità della vita come un macigno dentro il cuore. I miei occhi si gonfiano di lacrime. Torniamo alla partenza. Mi sposto di fianco. Il gruppo è carico. 3,2,1:
la bandiera di Bartali sventola ancora per un altro via!
Grazie al team che mi ha ospitata per questa bella avventura. Mi sono sentita il filo che collega la storia tra passato e presente. La bandiera di Bartali è pronta per nuove partenze e nuovi arrivi.