Bruno Giannelli classe 1925. Un uomo alto, sportivo. In splendida forma. Unico gregario vivente di Gino Bartali, mio nonno, con il quale ha corso dal 1950 al ’53 indossando la maglia della squadra Bartali. Lo rintraccio come una volta sfogliando l’elenco telefonico.
Bruno Giannelli, 92 anni, arriva in sella alla sua bicicletta, una GLORIA degli anni Sessanta.
Gli stringo la mano. Sono piena di curiosità, come nell’attesa di scartare un regalo inaspettato. Parliamo senza saltare le “origini” che, nel bene o nel male, segnano il destino di ognuno. I genitori, contadini mezzadri, avevano casa e terreno a Bagno a Ripoli, dove Bruno nacque. La famiglia si allarga e per motivi di spazio si trasferisce in Via Baldo Ruffoli a Firenze. “Eravamo tre famiglie in un’unica casa: fratelli, zii, nonni.. mi ricordo a cena una tavolata infinita!”. A sei anni già la prima bicicletta, e qualche anno più tardi in sella a giro per la città a riconsegnare il lavoro della mamma, pantalonaia. La domenica era abitudine fare un giro in bicicletta con tutta la famiglia.
“Le nostre biciclette non erano da vetrina, erano tramandate. Dai fratelli maggiori o dai cugini. E quante cadute da bambino e impacchi di acqua e sale!” Uno zio appassionato di Ciclismo inizia ad accompagnare Bruno a vedere le corse e il Giro. La passione per la bici cresce, ma nel 1943 la Seconda Guerra Mondiale ferma ogni aspirazione. Chi non si presenta spontaneamente alla leva viene punito. Bruno ha diciott’anni. Catturato dai Nazisti e trasferito all’Isola d’Elba, è costretto a svolgere per un anno e mezzo i lavori forzati.
Iniziai a correre come dilettante nella S.S. Oltrarno, all’epoca rinomata società fiorentina
La prima corsa da dilettante fu nel ’46. Mi ritirai subito. C’era un polverone su quelle strade che non si vedeva nulla, mi trovai a navigare fuori rotta. Le mie prime corse serie furono nel ’47. Si partiva di notte in bici per arrivare alla partenza, come quella volta della corsa a Montevarchi. Da Firenze, con il retino in spalla con dentro scarpini e maglia, si arrivò dopo 50 km a Montevarchi, dove iniziò la gara. La sera stessa una rinfrescata alla fontana del paese, un panino per cena e poi tornammo a casa, sempre in bicicletta, a mezzanotte.” Il racconto è sempre più coinvolgente. Come era l’allenamento – chiedo – cosa mangiava un ciclista, un atleta? ” Tortini con uova e spinaci, stufato, cose fatte in casa. Io di bistecche ne vedevo poche.
Gino durante gli allenamenti si portava dietro un panino farcito di bietola e frittata,
così facevo anch’io. Alla Milano Sanremo del 1950 io e Bartali facemmo colazione con tè, pane e burro, miele e biscotti. Gli altri che ordinarono spaghetti e bistecca si fermarono tutti a metà gara. Perché, come diceva Gino: “non è il mangiare di oggi che ci fa correre, ma quello di ieri!”
A quella Milano-Sanremo del ’50 era freddo. Non esistevano scaldamuscoli. Gli scarpini, che la squadra Bartali si faceva fare su misura dal Colombini di Lucca, erano così stretti che i piedi si gelavano subito. Gino si mise due maglie di lana alla partenza, una sopra l’altra. Si preferiva così anziché indossare la giacca anti vento. Poi scaldandosi nel tragitto Gino lasciò al suo gregario Giannelli una delle maglie. Bruno la conservò sotto la sua fino al traguardo. La famosa maglia è stata donata da Giannelli al Museo del Ciclismo Gino Bartali.
Come conferma Bruno, unico gregario vivente di Bartali, il nonno a differenza di altri famosi ciclisti, trattava con rispetto i suoi gregari. Non aveva pretese. Non chiedeva quasi nulla. Se gli portavi dell’acqua certo era riconoscente, ma lui non beveva quasi mai. Se la gettava negli scarpini o in testa. A quella Milano Sanremo del ’50, cinque gregari si ritirarono. In volata insieme al gruppo, della squadra Bartali arrivò solo Giannelli, oltre a Gino. Bartali vinse ma come spesso usava fare, lascio’ il premio per merito all’unico gregario arrivato al traguardo. Giannelli con la cospicua somma di 150 mila Lire, finì di ultimare la sua casa.
“Bartali mi ha portato nel mondo. Ovunque andassimo era una festa, tutti ci acclamavano.”
Al tempo non c’era grande entusiasmo per il calcio, ma per il ciclismo sì! I giornalisti campavano di ciclismo e basta. E correre con Bartali erano soddisfazioni. Scrivo senza sosta, Bruno riprende:” Uscivamo dall’albergo con le nostre biciclette per arrivare alla linea di partenza, e la folla delirante gridava: Gino! Gino! E noi della squadra gli chiedevamo se era il caso di chiamare la polizia, perché non si passava. Chi gli toccava il manubrio. Chi la sella. E Bartali li lasciava acclamare..era confidenziale. Coppi era diverso, spesso chiamava la polizia.
Bartali mi ha permesso di partecipare a tante riunioni in pista, in cui si guadagnava 25 mila lire a presenza. Nel ’52 Gino forò a Saint Vincent. L’arrivo era ad Aosta, a 30 km. C’era di mezzo la classifica e una foratura faceva perdere minuti! Non come oggi che ti sostituiscono la bicicletta immediatamente. Gino mi sussurrò all’orecchio , perché guai se gli avversari ti sentivano: Giannelli, dammi la tua bici! E così gliela consegnai prendendo la sua e impiegando 3 / 4 minuti per cambiare il tubolare.” Con incredibile lucidità Bruno ripercorre insieme a me quegl’ anni. “Non posso dimenticare le parole di Alfredo Martini :
Giannelli porta avanti Gino, che se Coppi vede il giallo della sua maglia gli piglia il nervoso!
Perle di saggezza, aneddoti inediti che Bruno, un uomo genuino e disinvolto, condivide insieme a me. Anche se sono passati molti anni certi episodi non si dimenticano. Giannelli dopo il ’53 smette con le corse e diventa idraulico, in favore di una vita economicamente più stabile. I premi notevoli erano sempre in pugno ai soliti: Coppi, Magni.. Bartali. Ci salutiamo e Bruno mentre riprende la sua bicicletta, mi confida l’ultimo segreto: ” Le mie gambe non sono più buone per camminare, ma a 92 anni vado ancora in bicicletta, come da ragazzo, attraversando la città”. Altro che creme, dieta e palestra. Per rimanere giovani il rimedio vincente è la bicicletta!
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4 commenti
Deve essere stato commovente per te intervistarlo! Bell’articolo davvero curioso.
Mi interessa sempre molto quando si racconta del cibo.
Esperienza emozionante! Ciao Francesco
Grazie per la condivisione,sempre belle le storie che girano intorno al Ginettaccio…complimenti a te e…per il tuo Grande Nonno!!! Posseggo con amore da anni una bella condorino anni ‘60 marchiata Gino Bartali che ho recentemente sottoposto a restauro conservativo per renderla utilizzabile e affidabile…col suo Campagnolo Sport fila che è una meraviglia…..ciao…
Grazie! Mi fa piacere sapere che ha restaurato e tiene con cura la Bartali. A presto Lisa Bartali