A differenza di molti atleti, ciclisti e non, che a fine competizione ringraziavano il duce con il saluto romano, nonno Gino si faceva il segno della croce e rendeva omaggio alla Madonna, portando i fiori della vittoria alla chiesa più vicina. Alla messa, quando possibile, si recava anche la mattina prima del via alla corsa.
Gino Bartali è stato campione di umanità e atleta antifascista.
Alla luce dei fatti storici resi noti, ripercorrendo la sua carriera sportiva e quanto da lui dichiarato, si può dire apertamente che Gino era un antifascista. Mi piace sottolinearlo proprio oggi, nel giorno della Festa della Liberazione dal nazifascismo. Quest’anno non ci saranno festeggiamenti pubblici, ma mai come in questo periodo di privazioni e sofferenze, ci sentiamo vicini al significato di quest’anniversario.
I trionfi sportivi di nonno sono sempre stati sminuiti dalla stampa italiana durante il ventennio fascista. Mussolini non riteneva Gino un degno esempio per la patria. Bartali agiva da uomo libero, secondo i suoi principi morali. Era contro i prepotenti, non era servile e questo non piaceva al regime. Ma Bartali era Bartali, e quando saliva sul podio la standing ovation del popolo parlava più di tanti giornali. Da campione fiorentino divenne campione nazionale nel 1936, prima vittoria al Giro d’Italia a soli 22 anni. Impresa che ripeté l’anno successivo, 1937.
Nel 1938 il governo fascista impose a Gino di non correre il Giro, ma di concentrarsi sul Tour, perché una vittoria in Francia avrebbe aumentato il prestigio politico dell’Italia. Gino obbedì e vinse la Grande Boucle. Ancora una volta però al Parco dei Principi rifiutò di ringraziare il duce. Così la vittoria del Tour, a cui la stampa francese dedicò pagine piene di ammirazione per Bartalì, trovò scarso seguito sulle riviste italiane. Nonostante avesse portato a termine la sua missione sportiva, a Gino non fu assegnata la medaglia d’oro al valore atletico, ma quella d’argento.
Nonno non fu mai iscritto ad alcun partito politico, anche se gli fu proposto a fine carriera di candidarsi alla DC. Sostenne sempre che la politica non era il suo mestiere e non volle schierarsi politicamente anche per rispetto verso i suoi tifosi.
Gino era devoto alla Madonna e a alla sua santa prediletta, Santa Teresa di Lisieux.
Agì da vero cristiano durante la Seconda Guerra Mondiale, salvando centinaia di ebrei destinati ai campi di concentramento. Inoltre collaborò con i partigiani nel mettere in salvo diversi soldati inglesi e perseguitati politici. Nonostante i provocatori tentativi da parte del Secolo d’Italia di screditare la figura di nonno ( giornale che non perde occasione di fare figuracce, come la recente cantonata di sminuire Bella Ciao – canzone di tutte le resistenze del mondo) è noto il suo grande impegno umanitario. Ormai mi sento di affermare che
il suo contributo silenzioso si intreccia nella storia della resistenza italiana.
Gino Bartali, oltre ad essere stato uno dei più grandi campioni di Ciclismo di tutti i tempi, incarna la più alta espressione del bene e della solidarietà tra i popoli. Che la sua figura ci sia da guida, ora più che mai in questa nostra epoca, e che la sua storia sia divulgata con il massimo rispetto oggi e nel tempo che verrà. Buon 25 Aprile!