Una vita dedicata alla bicicletta, una carriera come ciclista, ma sopratutto come allenatore. A distanza di un anno dalla morte di Fabrizio Fabbri, il ricordo e l’amore è ancora vivo nella famiglia e negli amici, nel figlio Francesco che mi racconta davanti ad un caffè…
Mio padre era una persona umile, si metteva sempre al pari degli altri.
Fabrizio nasce ad Agliana nel 1948, e la bici è la sua passione da sempre. Se la cava bene tra i dilettanti e passa alla categoria dei professionisti nel 1970. E poi 9 anni di corse con svariati club sportivi ( Filotex, Cosatto ,Sammontana). Per due anni, ’75 e ’76, corre con la Bianchi come gregario di Felice Gimondi. Dal ’77 al ’79 indossa la maglia della Sanson- Campagnolo correndo al fianco di Francesco Moser.
Fabbri vince diverse tappe del Giro d’Italia e partecipa a sei campionati del mondo.
Nonostante i suoi successi come ciclista, non diventa mai capitano. In un’intervista dichiara: “Io mica ero capace di comandare, di essere all’occorrenza imperioso e secco come ha da essere un capitano, con chi poi, con ragazzi come me…”.
Le qualità di mio padre erano altre. Lui era in grado di fare sacrifici anche senza essere chiamato sul podio. Il suo era un carattere modesto e al tempo stesso grintoso. Nella vita è stato un bravo gregario ed un eccellente allenatore. Ancora oggi sono tanti i messaggi che ricevo da ciclisti, ex colleghi e amici che di lui ricordano la sua bontà e generosità.
Una carriera di allenatore durata vent’anni.
Tra i grandi nomi del ciclismo allena Tony Rominger l’anno in cui vince il Giro d’Italia del 1995, e Franco Ballerini che si aggiudica la Parigi Roubaix del ’98. Numerosi, come allenatore, furono i traguardi raggiunti con la squadra Mapei: Vuelta ’94, 3 Giri delle Fiandre, 2 Liegi-Bastogne-Liegi, 2 Giri di Lombardia.
Allenò nomi importanti come Gianni Bugno e Paolo Bettini. Non tutti i ragazzi però, una volta divenuti campioni, sono stati riconoscenti con mio padre. Lui, un uomo genuino, che si è sempre prodigato per gli altri.
La sera nelle camere d’albergo, quando qualche ragazzo si disperava, chiamavano Fabrizio. Lui consolava i ciclisti fino a tardi. Era un uomo di grande cuore.
Ai figli Francesco e Fabio, Fabrizio ha trasmesso la passione per il ciclismo. Senza forzarli, nel suo modo di fare spontaneo. Francesco corse da ragazzo tra i dilettanti, oggi esce in bici tutti i giorni, per sport. Fabio ha aperto il suo negozio “A ruota libera” a Poggio a Caiano.
Francesco, dopo un lungo sorso d’acqua, mi confida … babbo non ha mai voluto essere il mio allenatore. Non voleva interferire nel mio percorso. Era spesso fuori casa per lavoro. Ricordo che qualche volta lo venivano a trovare Ballerini e altri corridori.
Alfredo Martini? Un grande uomo, fu come un padre per lui.
Tanti sono i ricordi di una vita, che tra i nostri caffè si dilatano. Un’ora corre come in fuga, piena di emozioni, ma siamo ormai vicini allo striscione dell’arrivo, e voglio chiedere a Francesco : qual’è stato l’insegnamento più bello che ti ha lasciato tuo papà Fabrizio?
L’onestà e la generosità
E di Bartali e Coppi cosa diceva? Non mi ha mai parlato tanto di quel duello sportivo… ma ricordo bene che fosse Bartaliano!
Fabrizio Fabbri ha dato tanto al mondo del Ciclismo, ha plasmato campioni, ma soprattutto ha lasciato un bellissimo ricordo di sé, e della sua vita vissuta con entusiasmo e grande cuore. Grazie a Francesco per l’intervista con caffè e alle foto concesse per l’articolo.