Caro nonno,
ti scrivo perché sono passati tanti anni, domani esattamente 20 da quel 5 maggio 2000 in cui ti sei spento, ma dentro di me e nel cuore di molti sei sempre vivo. Ero una ragazzina, e te per me eri un nonno un po’ normale e un po’ speciale. Normale per i pomeriggi trascorsi insieme, a fare merenda guardando il Giro e il Tour in tv. Speciale perché
a volte facevi cose fuori dal comune, come autografare cartoline ritraenti il tuo volto,
ricevere decine di lettere al giorno e avere una mansarda piena di trofei. Io e Lara eravamo molto orgogliose quando venivi a trovarci a scuola, alle elementari, perché la classe e gli insegnanti volevano conoscerti. Una sera che rientravi a Firenze, ci portasti il peluche del Gabibbo, che da qualche parte conservo ancora. Era il periodo in cui conducevi Striscia la Notizia.
Nell’ultimo anno di vita ci siamo visti un po’ meno del solito, la tua salute era peggiorata. Al tuo funerale la chiesa di San Piero in Palco, in Piazza Cardinal Elia dalla Costa, era gremita di persone: amici di vecchia data, conoscenti, ammiratori, appassionati di ciclismo, istituzioni, volti noti della politica e del mondo dello sport.
Il parroco aveva lasciato il portone spalancato, così la gente era in preghiera anche in piazza, partecipe con dolore in un ultimo affettuoso saluto.
Sui tre gradini antistanti l’altare vi erano centinaia di mazzi di fiori. La cosa mi impressionò. Decidemmo come tua volontà di vestirti con il saio dell’ordine dei Carmelitani Scalzi, di cui era terziario. L’ ultimo vestito, come dicevi, senza tasche. Poiché lassù dal Padre Eterno, non importa portarsi dietro valigie, biciclette o trofei. Quelle cose materiali si lasciano in terra.
Certe medaglie, quelle che contano, sono appese all’anima, invisibili e inviolabili.
Quando uscii dalla chiesa, quel giorno triste, mi trovai di fianco una troupe che filmava. La giornalista parlava di te in un modo che mi parve strano. Per me in fin dei conti eri il nonno, che ne sapevo io che avevi riempito pagine di Ciclismo fino ad entrare nel mito. Sapevo che eri una buona forchetta, che ti piacevano tanto le bici, che pregavi molto e avevi fatto qualcosa di importante nella tua vita. A volte mi rivolgevi qualche frase che restava sospesa a metà, su quel ciclista, su quella corsa.. Immagino che per te fosse stato complicato spiegare ad una bambina, e poi avevi troppi impegni. Ho appreso delle tue imprese sportive e umanitarie molto dopo il 5 maggio 2000.
Ti ricordo ogni giorno, perché mi dai tanta forza per affrontare le difficoltà.
Sai nonno, tanti oggi ancora ti amano per l’atleta immenso che sei stato, ma anche per il tuo valore come uomo. Sarai felice di sapere che gli adolescenti sui banchi di scuola studiano la tua vita, e i bambini sono tutti dalla tua parte perché “Gino è il più forte e vinceva tutto!”– mi hanno detto. La verità è che di campioni come te, oggi non ce ne sono! Si scrivono tanti libri sul tuo conto, alcuni validi, altri così così. Si intitolano in tuo nome tante strade, piazze, piste ciclabili, istituti scolastici, alberi e giardini. A Roma ti hanno anche dedicato un oratorio, sei un esempio di fede e rettitudine per quei ragazzi.
Il mio ricordo più bello sono i tuoi occhi color cielo, sorridente specchio della tua nobile anima. Il babbo sta bene e si commuove sempre quando parlano di te. Grazie per essere stato un grande nonno, grazie anche per quella cosa che tu sai. In questi 20 anni sono diventata grande, e come vedi cerco di fare il massimo, proprio come mi hai insegnato. A volte il mio impegno viene ricompensato, a volte no. A volte c’è qualcuno o qualcosa che prova a fermarmi, ma io non mi fermo. E se mi fermo perché vedo che “l’è tutto sbagliato, l’è tutto da rifare”, pazienza. Si rifarà. Mi dispiace per quel museo a Ponte a Ema, ci ho messo tanto cuore. Non mi dilungo, tanto te sai tutto meglio di chiunque altro. Piuttosto.. Lassù in paradiso ti danno molti compiti? Secondo me sì.. Salutami Fausto!