Ero un bambino piccolo piccolo… e un senso di rispetto e di timore pervase la mia giovane coscienza. Era il
1952 (o almeno penso fosse quell’anno lì: io avevo sei anni!). Quando seppi – e capii – che a casa sarebbe venuto
un certo Fausto Coppi, io, nel sentire entrare un estraneo nella nostra casa di via Paolo Mascagni a Firenze, mi
andai a nascondere dietro la porta dello studio di papà e vi rimasi per tutto il tempo della visita di quel certo
signore…
Può sembrare un pó poco, come ricordo, ma ero davvero tanto piccolo.
Di certo, in casa, nella mia gioventù ho capito che questo signor Coppi faceva lo stesso mestiere di mio padre
Gino, ma allora ebbi anche la sensazione e di questo oggi sono molto sicuro – che non ci fosse mai, nei discorsi
sentiti in famiglia, astio, livore, inimicizia o qualunque altro sentimento negativo dei miei nei confronti di
questo “collega” del babbo.
Quando ho ripensato, poi, a quali ricordi mi legassero a Fausto Coppi, mi è tornato in mente un altro ricordo,
questo molto più preciso, anche se ero sempre un bambino.
Eravamo al mare, con la mamma e con mio fratello maggiore, e incontrammo un signore mentre facevamo
una passeggiata. Questo signore mi disse: “Se dici abbasso Bartali evviva Coppi ti dò una caramella…”. A me
parve una richiesta proprio brutta, non dissi nulla, forse guardai anche un pó storto quel signore… e persi una
caramella!
Quindi la rivalità fra questi due grandi personaggi dello sport italiano mi era nota, e qualcosa cominciavo a capire,
pur nella mia incoscienza di bambino. Però ho sempre avuto la sensazione che Coppi non fosse un rivale
di mio babbo, bensì – oltre che un collega –
un vero e proprio “compagno di giochi”,
perché secondo me quei ciclisti che vedevo spesso con il babbo giocavano tanto, e si divertivano anche tanto. E infatti quando babbo Gino stava già male ed era a letto infermo io ricordo di avergli chiesto un giorno: “Babbo, dimmi la verità, ma tu ad andare in bicicletta ti sei divertito tanto, vero?”. Lui, con la sua voce roca e ormai affaticata, mi disse di sí, mi
confermò che lui a correre in bicicletta aveva faticato, aveva guadagnato, aveva avuto successo, ma soprattutto
si era davvero tanto divertito.
E Fausto Coppi – per me – era ed è, forse ancora lassù, il miglior compagno di giochi di mio padre Gino.
Del resto l’altro ricordo che ho di Fausto è il grande dolore che dimostrò il babbo alla sua morte, nel gennaio
del 1960. Allora ero già più grandicello, ero a casa per le vacanze di Natale, e il dolore vero e sincero di Gino
per Fausto me lo ricordo ancora adesso. Rivali in corsa, certo, ma solo e sicuramente lì e basta.
di Luigi Bartali, figlio di Gino Bartali
Tratto dal libro “I colori dei Coppi” di Claudio Pesci
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